UE 2040: –90% di emissioni. Una scelta giusta nel principio, sbagliata nel metodo.
- Francesco Carbone

- 20 ore fa
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La scorsa settimana il Parlamento Europeo ha annunciato un obiettivo enorme: ridurre del 90% le emissioni entro il 2040. Un traguardo che, almeno sulla carta, sembra voler dimostrare al mondo l’ambizione dell’Europa nella lotta ai cambiamenti climatici.Ma quanto è realistico? E soprattutto: quanto è sostenibile per il nostro tessuto produttivo?
Ne ho già parlato su La Prealpina e più approfonditamente sulle pagine di Nazione Futura, ma qui, sul mio blog, voglio raccontare il tema in modo più diretto, più semplice e più vicino alla vita reale di chi ogni giorno lavora in azienda, in officina, nei capannoni della nostra provincia.
La distanza tra la politica e il cantiere
Quando si parla di –90%, si dà spesso per scontato un presupposto che invece non è affatto scontato: come ci arriviamo?La sensazione è che in Europa si continui a decidere guardando i numeri, e non gli impianti. Le percentuali fanno effetto, i titoli di giornale sono garantiti, ma nei fatti il mondo reale funziona diversamente.
Per arrivare a un taglio di questa scala servirebbe:
una rete elettrica molto più robusta di quella attuale;
una produzione di energia continua, non intermittente;
una capacità di accumulo che oggi non esiste;
una conversione dei processi industriali che richiede investimenti enormi;
e soprattutto, personale qualificato e aziende in grado di reggere la trasformazione.
E qui nasce la mia prima grande perplessità: l’Europa sta guardando alla realtà o alla teoria?Perché nelle fabbriche non si lavora con gli slogan, ma con macchine che devono restare accese, turni che non si possono fermare, costi energetici che devono essere sostenibili.
La transizione non può essere una crociata ideologica
Quello che continuo a vedere, purtroppo, è una transizione portata avanti più come un atto di fede che come un progetto tecnico. Non basta dire “andremo al –90%”. Bisogna costruire le condizioni per farlo davvero.
E queste condizioni, oggi, mancano in modo drammatico.
Parlo di cose concrete:impianti programmabili, capacità produttiva stabile, nuove dorsali elettriche, filiere dell’idrogeno, sistemi di cattura della CO₂, e sì — anche il nuovo nucleare, gli SMR che molti Paesi stanno già sviluppando mentre noi, in Europa, fingiamo che non esistano.
Questa non è transizione: è illusione.
Se non costruiamo gli strumenti tecnici, parliamo solo di ciò che vorremmo essere, non di ciò che possiamo diventare.
Chi vive e lavora nella provincia di Varese sa bene quanto questo tema sia delicato.Le nostre realtà produttive — spesso piccole, familiari, fatte di competenza e sacrificio — non possono sopportare da sole il peso di un cambiamento così radicale e veloce.Ogni euro in più di bolletta, ogni giorno di fermo impianto, ogni obbligo non supportato da infrastrutture adeguate ha un impatto immediato: meno competitività, meno margini, meno lavoro.
E allora la domanda è inevitabile:questa scelta rafforzerà o indebolirà il cuore industriale dell’Italia?
Perché se l’Europa immagina una transizione ecologica che si regge sul crollo della manifattura, allora il prezzo da pagare sarà altissimo, non solo economico ma anche sociale.
Quello che voglio fare qui, sul blog, è aprire un confronto.Ho espresso la mia opinione, l’ho argomentata su più testate, ma ora voglio ascoltare anche voi.
👉 Che cosa pensate del target –90% entro il 2040?Vi sembra una scelta giusta?Vi preoccupa?La considerate sostenibile per le nostre aziende?
👉 Credete che oggi esistano davvero le condizioni tecniche per affrontare una transizione di questa portata?O pensate anche voi che si stia correndo più veloce della realtà?
Scrivetemi nei commenti o in privato.La forza di un territorio sta anche nella capacità di ragionare insieme, senza pregiudizi e senza slogan.
Io continuo a credere che la transizione ecologica sia una necessità.Ma deve essere una transizione intelligente, non ideologica.Una transizione ingegneristica, non propagandistica.Una transizione che protegga le imprese, non che le schiacci con obiettivi irrealistici.
L’Europa deve scegliere se vuole essere protagonista o spettatrice.Io ho scelto da che parte stare: quella della concretezza, della tecnica, del lavoro.E vorrei sapere anche la vostra.
🇮🇹 Francesco Carbone
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