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La pace secondo la forza: il nuovo capitolo del Medio Oriente e il ruolo dell’Italia

✍️ di Franco Colombo


«La guerra è finita».Tre parole che pesano come pietre, pronunciate da un uomo che ha sempre preferito i fatti alle mezze frasi: Donald Trump. Eppure, questa volta, anche i più scettici dovranno riconoscere che a Sharm el-Sheikh si è scritta una pagina destinata a entrare nei libri di storia.

Il presidente americano, nel suo secondo mandato, ha firmato l’intesa che sancisce la fine del conflitto fra Israele e Hamas. Un traguardo che nessuno, fino a ieri, aveva nemmeno il coraggio di immaginare.Davanti alla Knesset, Trump ha parlato a un popolo diviso e a un mondo stanco di contare morti e fallimenti diplomatici. Poi, in Egitto, il sigillo definitivo: l’accordo con la mediazione dei Paesi arabi e dei partner europei, compresa l’Italia.


pace 2025

La pace costruita con la forza

Non è la pace dei deboli, quella firmata a Sharm. È una pace costruita sulla forza, ma temperata dal realismo. Trump non ha esportato “democrazia a colpi di missili” né rovesciato governi nel nome di ideali astratti: ha imposto una tregua, ha mostrato muscoli e pragmatismo, e ha offerto al Medio Oriente una prospettiva di sviluppo e cooperazione.

Ha rovesciato la logica del passato: invece di fortezze, infrastrutture; invece di minacce, progetti. È la sua dottrina: la pace come prodotto della potenza, non della paura. E funziona.


Israele, Hamas e l’alba di una nuova era

Nelle lacrime dei familiari degli ostaggi liberati, c’è il volto più umano di un accordo che restituisce speranza dopo 730 giorni di orrore. In quelle parole di ringraziamento rivolte a Trump, c’è tutto il peso della storia.L’America torna protagonista, e non per caso. Perché dove altri avevano fallito, Washington ha deciso di tornare a essere arbitro, non spettatore.


L’Italia c’è, e si fa rispettare

In questa partita globale, l’Italia non è rimasta a bordo campo. Giorgia Meloni, unica donna presente a Sharm, ha portato avanti una linea coerente, seria, fondata sulla diplomazia. Ha fatto ciò che ogni vero leader dovrebbe fare: difendere gli interessi del proprio Paese e, allo stesso tempo, contribuire alla stabilità del Mediterraneo.

Non si tratta solo di un riconoscimento politico. È la conferma del ruolo storico dell’Italia nel Mare Nostrum: ponte tra civiltà, mediatrice naturale, attore credibile in un mondo che cambia troppo in fretta.


La sinistra? Ancora una volta fuori gioco

E mentre il mondo cambia, la sinistra globale resta ferma al palo. Insegue fantasmi ideologici, si aggrappa a un multilateralismo ormai in disuso e continua a giudicare tutto con il filtro dell’odio verso Trump. In Italia, la musica è la stessa: Schlein e compagni, incapaci di capire la portata storica dell’accordo, si limitano a recitare il copione del dissenso sterile. Una sinistra che preferisce la piazza alle soluzioni, la rabbia alle idee.


Una nuova rotta per il Medio Oriente

Con l’accordo di Sharm el-Sheikh si apre una stagione che potrebbe cambiare la storia del Medio Oriente. Una stagione fatta di infrastrutture, cooperazione e nuovi equilibri. Una stagione in cui l’Italia può e deve esserci, forte di una leadership politica che ha saputo conquistarsi rispetto e spazio nei tavoli che contano.

E allora, sì, la guerra è finita.Ma questa volta non per miracolo.Perché qualcuno ha avuto il coraggio di dire che la pace non si mendica: si costruisce.

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