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AUTO CONNESSE: IL VERO VOLTO DELLA TRANSIZIONE, TRA MITI E ORGOGLIO ITALIANO

Di Francesco Carbone


Nel nostro precedente approfondimento avevamo già smontato, con dati alla mano, alcuni dei dogmi ideologici legati alla transizione verso le auto elettriche. Oggi, senza "perdere il filo", allarghiamo il campo: perché il futuro della mobilità non sarà (solo) elettrico. Sarà sempre più connesso.

L'automotive mondiale vive una doppia metamorfosi: da un lato la spinta alle zero emissioni, dall'altro l’irrompere dell’intelligenza artificiale e della connettività veicolare, che stanno ridisegnando il concetto stesso di automobile.


Italia: un parco auto vecchio, ma sempre più intelligente

Partiamo dal nostro Paese. Il parco circolante italiano continua ad invecchiare: l’età media delle vetture ha ormai raggiunto i 12,8 anni, con numeri da America Latina più che da Europa avanzata. Eppure, sotto il cofano e dietro i parabrezza di auto apparentemente "vecchie", qualcosa sta cambiando.

L’Italia oggi conta oltre 17 milioni di veicoli connessi, un numero destinato a crescere rapidamente. Parliamo di vetture dotate di sistemi di comunicazione veicolo-rete (SIM nativa), scatole nere per il monitoraggio dei parametri di guida, oppure gestite da piattaforme di fleet management aziendale. In pratica: i nostri veicoli parlano, registrano, elaborano dati.


auto con intelligenza artificiale

Il mercato cresce a due cifre

Il valore del comparto connected car & mobility nel 2024 ha raggiunto i 3,3 miliardi di euro (+16% rispetto al 2023), con un peso crescente degli ADAS (Advanced Driver Assistance Systems), i sistemi di assistenza alla guida oggi obbligatori sui veicoli di nuova immatricolazione.

I numeri dell’Osservatorio del Politecnico di Milano parlano chiaro: un terzo di questo mercato è proprio legato agli ADAS, con un incremento annuo del 26%. Non è solo questione di sicurezza, che pure beneficia di una riduzione stimata degli incidenti del 13%: è un intero nuovo ecosistema di dati, algoritmi, manutenzione predittiva e nuove forme di mobilità che si va strutturando.


L'intelligenza artificiale al volante

L’auto del futuro sarà sempre più un computer su ruote. Già oggi il settore automotive rappresenta, dopo il tech puro, l'ambito dove l'intelligenza artificiale avanza più rapidamente.


Il salto di paradigma non riguarda solo il veicolo privato, ma l’intero concetto di mobilità: flotte aziendali, logistica, sharing, guida autonoma. È in atto una gigantesca partita industriale e geopolitica: software, sensoristica, chip, cybersecurity. L’Europa — come spesso accade — rincorre USA e Cina, ma inizia ad attrezzarsi con nuove alleanze industriali e finanziamenti comunitari (come il miliardo di Horizon Europe per i veicoli autonomi).


Le contraddizioni italiane: elettrico e connesso, due velocità

Proprio qui emerge il paradosso italiano. Mentre il mercato delle auto elettriche cresce lentamente (solo l’1,5% del parco circolante è full electric o plug-in), la domanda di funzioni smart e connettività esplode: oltre il 44% degli italiani oggi possiede un’auto connessa, e il 92% di questi usa almeno una funzione smart. Non solo: il 31% degli utenti ammette candidamente che cercherà di acquistare l’ultimo endotermico prima del 2035, a conferma che la transizione non è accettata così acriticamente come certa propaganda vorrebbe.


Auto connesse e strade connesse: il vero salto di qualità

C’è però un aspetto spesso trascurato: una vera mobilità intelligente richiede non solo auto intelligenti, ma anche infrastrutture intelligenti.


Parlare di auto connesse senza progettare smart road è come potenziare le reti 5G senza garantire la copertura del territorio: un’opportunità monca. Immaginiamo, allora, il simbolo perfetto di questa nuova rivoluzione italiana: partire proprio da casa nostra, da quella Milano-Laghi, orgoglio varesino e mondiale che nel 2024 ha celebrato i suoi primi 100 anni come prima autostrada del mondo.


auto storiche sulla milano laghi

Trasformare quel tracciato storico nella prima smart road italiana pienamente operativa significherebbe non solo continuare a scrivere la storia dell’automobilismo, ma anche rilanciare il nostro territorio come laboratorio avanzato di mobilità connessa, sicura e gestita dall’intelligenza artificiale. Un progetto che sarebbe insieme industria, sicurezza, turismo, ricerca e visione.


Non subire il futuro, ma costruirlo

L’Italia non può permettersi di arrivare ultima in questa corsa. L’automotive è ancora una delle spina dorsali della nostra manifattura. Ma occorre una politica industriale seria, fondata su incentivi mirati, sostegno alla ricerca, regole chiare e formazione tecnica.

Il futuro non sarà "solo" elettrico. Sarà soprattutto intelligente. E chi oggi guarda ancora solo al motore, rischia di guardare allo specchietto retrovisore mentre il resto del mondo corre già verso la prossima curva.


Ma per una volta, quella curva, potremmo imboccarla per primi.

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