top of page

Astensione ai referendum dell’8-9 giugno: perché non votare non è un attacco alla democrazia

di Franco Colombo


Tra pochi giorni, l’Italia tornerà alle urne per i referendum del 8 e 9 giugno, che riguardano temi rilevanti come la giustizia e le riforme costituzionali. Eppure, una parte significativa dell’elettorato potrebbe scegliere di non partecipare. C’è chi grida allo scandalo, sostenendo che l’astensione sia un tradimento della democrazia, mentre altri la difendono come legittima espressione di dissenso. Ma qual è la verità?


In questo articolo analizzeremo perché decidere di non votare non è necessariamente un attacco alle istituzioni, ma può anzi essere un segnale politico significativo. Esploreremo:

1.Il diritto di astensione nella Costituzione

2.Il ruolo del quorum e il significato dell’assenteismo

3.Astenersi come forma di protesta vs. disinteresse

4.Perché la democrazia non vive solo di voti

5.Casi storici in cui l’astensione ha cambiato le regole del gioco

 

1. Il diritto di non votare è garantito (anche se non scritto)

L’articolo 48 della Costituzione stabilisce che il voto è un "dovere civico", ma non un obbligo giuridico. A differenza di Paesi come il Belgio o l’Australia, dove il voto è obbligatorio, in Italia nessuno può essere punito per essersi astenuto.

Ma c’è di più: la libertà di scelta è intrinseca alla democrazia. Se votare è un diritto, lo è anche decidere di non farlo. L’astensione può essere:

·Una scelta di protesta (dissenso verso le proposte referendarie)

·Una mancanza di interesse (percepita irrilevanza del quesito)

·Una critica al sistema (sfiducia nella politica istituzionale)

Se la democrazia si basasse solo sull’obbligo di partecipazione, assomiglierebbe più a un rito forzato che a una libera espressione.

 

2. Il quorum esiste proprio per misurare l’interesse popolare

Uno degli aspetti più discussi dei referendum italiani è il quorum del 50%+1: se non viene raggiunto, la consultazione non è valida. Questo meccanismo è stato spesso criticato, ma ha un senso profondo: serve a verificare se il tema interessa davvero la maggioranza.

Se milioni di italiani scelgono di non votare, il messaggio è chiaro: "Questa questione non ci riguarda abbastanza".

·Esempio 1: Nel 2009, il referendum sul legittimo impedimento (Berlusconi) fallì per il quorum non raggiunto (23% di affluenza). Fu un segnale di disinteresse o di rifiuto?

·Esempio 2: Nel 2016, il referendum costituzionale di Renzi ebbe un’alta partecipazione (65%) e una netta sconfitta del "Sì". Qui l’astensione fu bassa, ma il voto espresso fu ugualmente distruttivo per il governo.

L’astensione, quindi, non è sempre apatia—può essere un "no passivo" alle élite politiche.

 

3. Astenersi per protesta vs. astenersi per disimpegno

Non tutte le astensioni sono uguali. C’è una differenza fondamentale tra:

·Protesta attiva (es. "Non voto perché non mi rappresentano")

·Disinteresse passivo (es. "Non mi importa, tanto non cambia nulla")

Il primo caso è politicamente rilevante: è un modo per dire che il sistema non funziona. Il secondo, invece, è un sintomo di crisi democratica.

Quando l’astensione diventa pericolosa?Quando supera il 60-70%, perché segnala un distacco totale tra cittadini e istituzioni (come accaduto in alcune regionali con affluenza sotto il 30%). Ma nei referendum, dove il quorum è alto, l’astensione può essere un meccanismo di controllo.

 

4. La democrazia non è fatta solo di voti

Votare è importante, ma non è l’unico modo per partecipare alla vita pubblica. La democrazia include:

·Discussione pubblica (social, manifestazioni, dibattiti)

·Impegno associativo (sindacati, partiti, ONG)

·Controllo sulle istituzioni (giornalismo, attivismo)

Chi non vota al referendum ma segue la politica, protesta o propone alternative non è un "cattivo cittadino". Anzi, a volte l’astensione è più onesta di un voto casuale senza convinzione.

 

5. Casi storici in cui l’astensione ha cambiato le regole

L’Italia ha già vissuto momenti in cui il non-voto ha avuto effetti politici:

·1997 – Referendum sulla legge elettorale: quorum non raggiunto, segnale di sfiducia verso la classe politica.

·2005 – Referendum sulla fecondazione assistita: vincono i "Sì", ma con bassa affluenza (25,9%), dimostrando scarso coinvolgimento.

·2011 – Referendum sul nucleare: 94% di "Sì", con il 54% di affluenza segno che quando il tema interessa, la gente vota.

Questi esempi mostrano che l’astensione non è sempre negativa: a volte è un campanello d’allarme che costringe i partiti a rivedere le proposte.

 

L’astensione è legittima, ma la democrazia ha bisogno di partecipazione


Decidere di non votare ai referendum dell’8-9 giugno non è di per sé un attacco alla democrazia, purché sia una scelta consapevole e non dettata solo da disaffezione.

Tuttavia, se l’astensione diventasse sistemica (come in alcune consultazioni locali con affluenza sotto il 20%), sarebbe il sintomo di un malessere più profondo: la sfiducia nello Stato.

La vera domanda, quindi, non è "Perché non voti?", ma "Cosa ti farebbe tornare a votare?".


Guarda anche il video di Francesco Carbone:



Comments

Rated 0 out of 5 stars.
No ratings yet

Add a rating

Modulo di iscrizione

Il tuo modulo è stato inviato!

Tutto ciò che è riportato in questo sito web, documentazione, contenuti, testi, immagini, il logo, il lavoro artistico e la grafica sono di proprietà di Francesco Carbone, sono protetti dal diritto di autore nonché dal diritto di proprietà intellettuale. Sarà quindi assolutamente vietato copiare, appropriarsi, ridistribuire, riprodurre qualsiasi frase, contenuto o immagine presente su di questo sito perché frutto del lavoro e dell´intelletto dell´autore stesso 
©2021 di Francesco Carbone · Tutti i diritti riservati

bottom of page