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La Sicurezza in Italia: tra esigenze reali e rischi di psicosi collettiva. Il caso del drone russo sul JRC di Ispra

di Franco Colombo


caso drone russo ad ispra

L’Italia vive un momento di tensione crescente sul fronte della sicurezza, alimentato da un contesto geopolitico instabile e da episodi che oscillano tra minacce concrete e percezioni amplificate. Il caso del drone di presunta origine russa, che a marzo 2025 ha sorvolato il Joint Research Centre (JRC) di Ispra, sul Lago Maggiore, rappresenta un esempio emblematico di questa dicotomia. Da un lato, la necessità di proteggere infrastrutture strategiche e rispondere a rischi reali; dall’altro, il pericolo di scivolare in una psicosi collettiva, dove ogni evento legato alla Russia diventa un simbolo di pericolo imminente. Come bilanciare esigenze di sicurezza e razionalità in un’epoca segnata dall’isteria anti-russa?


Il caso Ispra: i fatti e le reazioni. Il JRC di Ispra, terzo campus di ricerca più grande della Commissione Europea, è un centro nevralgico per studi su sicurezza nucleare, cybersicurezza e cambiamento climatico. A fine marzo 2025, i suoi sistemi di rilevamento hanno intercettato un drone che, per cinque volte in una settimana, ha violato la no-fly zone sovrastante. Le frequenze registrate hanno suggerito un velivolo di fabbricazione russa, scatenando un’indagine della Procura di Milano per spionaggio politico-militare aggravato da finalità terroristiche. La vicinanza di stabilimenti Leonardo, leader nella difesa, ha amplificato l’allarme.La reazione è stata immediata: il pool antiterrorismo, i carabinieri del ROS e il Copasir si sono mobilitati, mentre interrogazioni parlamentari sono piovute da più parti, da Forza Italia a +Europa. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha parlato di “guerra ibrida”, evocando scenari di spionaggio industriale e minacce sotterranee. Eppure, la Commissione Europea ha minimizzato, dichiarando di non aver rilevato violazioni significative né minacce concrete. Questo contrasto tra allarme italiano e cautela europea pone il primo interrogativo: quanto è reale il pericolo?

Esigenze di sicurezza: una priorità concreta Non si può negare che la sicurezza nazionale sia una priorità. L’Italia, con la sua posizione strategica nel Mediterraneo e il suo ruolo in NATO ed UE, è un obiettivo plausibile per operazioni di intelligence. Il JRC di Ispra, con i suoi laboratori avanzati, e Leonardo, con le sue tecnologie militari, sono asset sensibili. La guerra in Ucraina ha intensificato le attività di guerra ibrida – cyberattacchi, disinformazione, ricognizioni – attribuite spesso alla Russia. La Relazione annuale dell’Intelligence italiana del 2024 ha evidenziato un aumento di queste minacce, citando casi di spionaggio come quello dei due imprenditori brianzoli accusati di collaborare con Mosca. Il drone su Ispra, se davvero russo, potrebbe essere parte di un’operazione per mappare infrastrutture critiche o testare le difese italiane. La sua autonomia limitata suggerisce un lancio da una base vicina, forse in territorio europeo, il che solleva domande su reti di supporto locali. In un’area già segnata da episodi ambigui – come il naufragio del 2023 sul Lago Maggiore, con agenti segreti italiani e israeliani – il sospetto di attività ostili non è infondato. Rafforzare la sorveglianza e investire in tecnologie anti-drone, come propone il “JRC Drone Project”, appare una risposta necessaria.

jrc drone project

L’isteria anti-russa: un rischio amplificatoTuttavia, il caso Ispra rivela anche un’altra faccia della medaglia: l’isteria collettiva che accompagna ogni evento legato alla Russia. Dai media ai social, la narrazione si è gonfiata rapidamente: “drone-spia russo”, “minaccia al cuore dell’Europa”, “guerra ibrida in casa”. Post su X hanno ironizzato sulla presunta onnipresenza di Putin, mentre altri hanno accusato l’aviazione italiana di inerzia. Questa amplificazione riflette un clima di paura che, dopo il 2022, ha trasformato la Russia in un capro espiatorio universale.

La realtà è più sfumata. Non ci sono prove definitive che il drone fosse un’operazione del Cremlino: potrebbe essere un modello commerciale, acquistato da privati o simpatizzanti filorussi, come suggerito da alcuni investigatori. La Commissione Europea, proprietaria del JRC, ha escluso violazioni gravi, e l’assenza di testimoni oculari o immagini concrete alimenta i dubbi. Eppure, la sola parola “russo” ha scatenato una reazione sproporzionata, con toni da spy story che ricordano la Guerra Fredda. Questo riflesso condizionato rischia di offuscare il giudizio, portando a decisioni impulsive o a un’escalation non giustificata.

Le radici della psicosi: geopolitica e narrazioneL’isteria anti-russa ha radici profonde. La guerra in Ucraina ha polarizzato il dibattito, dipingendo Mosca come un nemico assoluto. In Italia, questo si intreccia con una storia di vulnerabilità: dagli scandali di spionaggio sovietico agli episodi recenti, come la fuga di Artem Uss nel 2023. I media amplificano il fenomeno, spesso privilegiando titoli sensazionalistici a scapito di un’analisi sobria. Il risultato è una percezione distorta, dove ogni drone diventa una minaccia esistenziale e ogni russo un agente segreto.

Questa psicosi ha conseguenze tangibili. Politicamente, spinge a richieste di riarmo o misure draconiane, come quelle ventilate dopo Ispra, che potrebbero drenare risorse da settori come sanità e istruzione. Socialmente, alimenta diffidenza verso comunità russofone innocenti, rischiando di creare un clima di paranoia. Sul piano internazionale, un’Italia che reagisce in modo eccessivo potrebbe apparire meno credibile agli alleati, soprattutto se i fatti non confermano l’allarme.

Trovare un equilibrio: sicurezza senza paranoiaIl caso Ispra dimostra che la sicurezza richiede un approccio razionale, non isterico. Rafforzare le difese – con sistemi anti-drone, intelligence coordinata e protezione delle infrastrutture – è essenziale, ma deve basarsi su dati concreti, non su supposizioni. L’indagine in corso chiarirà la natura del velivolo e le intenzioni dietro i sorvoli; fino ad allora, la prudenza è d’obbligo. Investire in tecnologie dual-use, utili sia alla difesa che alla società civile, potrebbe essere una strada per coniugare sicurezza e progresso senza sacrificare il welfare.

Al contempo, è cruciale smorzare la psicosi. Un dibattito pubblico trasparente, guidato da fatti e non da emozioni, aiuterebbe a distinguere minacce reali da fantasmi. I media hanno un ruolo chiave: evitare toni allarmistici e contestualizzare gli eventi può ridurre l’effetto-panico. L’Italia non può permettersi di vivere in uno stato di allerta permanente, dove ogni drone diventa un casus belli.


La sicurezza in Italia è una sfida reale, resa più complessa da un’epoca di incertezze globali. Il caso del drone su Ispra evidenzia questa tensione: un episodio che giustifica attenzione.

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