La Provincia di Varese si trova oggi a un crocevia economico, caratterizzato da una profonda dicotomia. Da un lato, la chiusura di aziende storiche come Beko evidenzia le difficoltà di un’industria manifatturiera tradizionale, schiacciata dalla globalizzazione e dai mutamenti nei mercati; dall’altro, il settore militare, trainato da Leonardo e dalla sua rete di fornitori, apre scenari di crescita promettenti. A questo si aggiunge il peso dei frontalieri e il rapporto con la vicina Svizzera, che rappresentano tanto una risorsa quanto una sfida per il futuro del territorio. Analizzare queste dinamiche offre uno spaccato delle prospettive economiche varesine.

La crisi delle aziende tradizionali: il caso Beko e oltre
Negli ultimi anni, il tessuto economico varesino ha subito duri colpi. La chiusura dello stabilimento Beko Europe a Cassinetta di Biandronno, annunciata nel 2024, è un esempio emblematico. Parte del gruppo turco Arçelik, Beko ha deciso di concentrare la produzione di elettrodomestici in altri siti europei, lasciando a casa 541 lavoratori su 2.200 impiegati nella provincia. La motivazione ufficiale è la razionalizzazione dei costi in un mercato sempre più competitivo, ma le ricadute locali sono pesanti. Non si tratta solo di posti di lavoro diretti: l’indotto, fatto di piccole imprese di logistica, manutenzione e componentistica, rischia un effetto domino che potrebbe destabilizzare ulteriormente l’economia della zona.

Il caso Beko non è isolato. Negli ultimi cinque anni, aziende come Ilma (produzione di materie plastiche) e Argoclima (climatizzatori) hanno affrontato crisi simili, con delocalizzazioni o ridimensionamenti. Questi fenomeni riflettono una vulnerabilità strutturale: la manifattura tradizionale, un tempo fiore all’occhiello del territorio, soffre la competizione di Paesi a basso costo e l’evoluzione delle preferenze dei consumatori verso prodotti più tecnologici o sostenibili. La perdita di competitività si accompagna a un calo di investimenti in innovazione, lasciando molte PMI impreparate di fronte alla transizione industriale.
Il settore militare: Leonardo come volano di sviluppo
In contrasto con queste difficoltà, il settore militare si sta affermando come un pilastro di crescita. Leonardo, con il suo stabilimento di Vergiate, è il protagonista di questa rinascita. Leader globale nella produzione di elicotteri e sistemi di difesa, l’azienda beneficia di un contesto geopolitico che vede crescere la domanda di tecnologie militari. Nel 2023, Leonardo ha chiuso con ordini per oltre 15 miliardi di euro, un trend confermato anche nel 2024 grazie a contratti con Paesi NATO e non solo. Gli elicotteri AW139 e AW169, prodotti a Varese, sono tra i più richiesti al mondo, utilizzati sia in ambito civile che militare.
Questo successo si riflette sulla rete di fornitori locali. Decine di piccole e medie imprese varesine, spesso altamente specializzate in lavorazioni meccaniche di precisione o elettronica avanzata, trovano in Leonardo un cliente stabile e remunerativo. Si tratta di un circolo virtuoso: l’azienda investe in ricerca e sviluppo (circa 1,5 miliardi di euro annui a livello globale), creando opportunità per le PMI di innovare e competere su scala internazionale. Inoltre, la transizione verso velivoli a basse emissioni, come gli elicotteri ibridi, apre nuovi orizzonti, con progetti che potrebbero attrarre finanziamenti europei e consolidare il ruolo di Varese come hub tecnologico.
Il ruolo dei frontalieri e i rapporti con la Svizzera
Un altro elemento cruciale è il fenomeno dei frontalieri, che lega indissolubilmente Varese alla Svizzera. Nel 2024, oltre 29.000 residenti della provincia lavoravano nel Canton Ticino, un numero cresciuto del 30,8% nell’ultimo decennio secondo i dati dell’Ufficio di Statistica svizzero. Questo flusso genera un impatto economico significativo: nel 2023, i ristorni fiscali versati dalla Svizzera all’Italia per i frontalieri varesini hanno raggiunto i 9,6 milioni di euro, una somma reinvestita in parte nei comuni di confine. Tuttavia, il fenomeno ha un doppio volto. Da un lato, i salari svizzeri (spesso il doppio di quelli italiani) sostengono le famiglie locali; dall’altro, la fuga di talenti verso il Ticino impoverisce il mercato del lavoro varesino, soprattutto nei settori tecnici e manifatturieri.
I rapporti con la Svizzera, regolati da accordi bilaterali, stanno evolvendo. L’intesa del 2023 sul telelavoro per i frontalieri ha aperto nuove possibilità, permettendo a molti di lavorare parzialmente da casa senza perdere benefici fiscali. Questo potrebbe incentivare una maggiore integrazione economica, con aziende svizzere che guardano a Varese come base operativa meno costosa. La vicinanza geografica, unita all’aeroporto di Malpensa e a infrastrutture come la ferrovia Arcisate-Stabio, rafforza il potenziale di collaborazioni transfrontaliere, soprattutto in settori ad alto valore aggiunto come la meccanica e l’innovazione tecnologica.

Strategie per il futuro: resilienza e innovazione
Le istituzioni locali non stanno a guardare. Nel gennaio 2025, la Provincia di Varese ha istituito un Coordinamento per le crisi aziendali, con l’obiettivo di supportare i lavoratori colpiti da chiusure come quella di Beko attraverso percorsi di riqualificazione. Parallelamente, il Comitato strategico per lo sviluppo, nato in collaborazione con Camera di Commercio e associazioni di categoria, punta a rilanciare il territorio attraverso tre pilastri: innovazione, formazione e infrastrutture. Progetti come il potenziamento della banda larga e la creazione di un polo tecnologico legato a Leonardo mirano a rendere Varese attrattiva per investitori e giovani talenti.
La sfida principale è trasformare le difficoltà in opportunità. La chiusura di aziende tradizionali può essere vista come un’occasione per riconvertire competenze e risorse verso settori in espansione, come la green economy o la digitalizzazione, integrandoli con il know-how militare. Allo stesso tempo, il dialogo con la Svizzera deve evolversi in una partnership strategica, capace di attrarre capitali e trattenere professionalità sul territorio.
L’economia della Provincia di Varese è a un punto di svolta. La crisi delle industrie tradizionali segna la fine di un’epoca, ma non significa necessariamente un declino irreversibile. Il settore militare, le opportunità transfrontaliere e le nuove strategie di sviluppo potrebbero riscrivere il futuro della provincia.
Ma la vera domanda è: Varese saprà cogliere queste opportunità o rimarrà bloccata nelle sue difficoltà?
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