🧠 L’intelligenza artificiale come la calcolatrice
- Francesco Carbone

- 21 ott
- Tempo di lettura: 3 min
A marzo di quest’anno, sulle pagine de La Prealpina, avevo scritto che l’intelligenza artificiale non è una moda passeggera ma uno strumento destinato a cambiare davvero il modo di lavorare. L’avevo paragonata alla calcolatrice e al navigatore satellitare, due invenzioni che all’inizio avevano generato diffidenza, salvo poi rivelarsi alleati indispensabili per milioni di persone.

Oggi quella previsione trova conferma in un dato concreto, pubblicato da un gruppo di ricercatori della Columbia University e della Zhejiang University of Finance & Economics: un chatbot basato su intelligenza artificiale generativa (GenAI), applicato su una grande piattaforma di e-commerce, ha aumentato le vendite del 16,3% e il tasso di conversione del 21,7%.Non si tratta di stime o ipotesi, ma di milioni di transazioni reali.La prova che l’AI, se usata nel modo giusto, non sostituisce l’uomo: lo potenzia.
Chi mi conosce sa che non amo le teorie astratte.Da vent’anni lavoro nell’azienda di famiglia, e in questo tempo ho dovuto cambiare più volte strategia per restare in piedi, a volte per crescere, altre semplicemente per sopravvivere. È anche per questo che guardo all’intelligenza artificiale con interesse e senza paura. So che ogni grande rivoluzione, prima o poi, finisce per migliorare la vita di chi ha il coraggio di comprenderla e di governarla.Lo studio di cui parliamo oggi lo dimostra chiaramente: quando l’AI lavora insieme all’uomo, i risultati migliorano ancora di più.Le vendite salgono del 25% e la conversione del 29%. Significa che la tecnologia, da sola, non basta. È quando dialoga con l’esperienza, la creatività e l’intuito umano che mostra la sua vera potenza.In fondo è la stessa logica del navigatore: serve solo se chi guida sa dove vuole andare.
Ciò che trovo ancora più interessante è che questi vantaggi non riguardano solo le grandi multinazionali, ma soprattutto le piccole e medie imprese.È una rivoluzione che democratizza le opportunità.Oggi anche un piccolo imprenditore o un artigiano digitale può competere con i grandi, perché ha accesso agli stessi strumenti: può analizzare i dati, migliorare le vendite, comunicare in modo professionale, e tutto con costi minimi.È come se l’intelligenza artificiale stesse diventando la calcolatrice di una nuova era industriale, capace di moltiplicare la produttività senza cancellare il valore umano.
Naturalmente, come ogni rivoluzione, anche questa va gestita con intelligenza. Non basta dire “usiamo l’AI” per ottenere risultati. Serve metodo, serve etica, serve visione. L’AI Act europeo, già in vigore e pienamente operativo entro il 2026, impone trasparenza e responsabilità. È la dimostrazione che la politica, per una volta, sta cercando di accompagnare il cambiamento invece di subirlo. Ma il vero passo avanti dipenderà da noi, dalle imprese, dai professionisti, da chi sceglierà di usare questa tecnologia come un alleato, non come un nemico.
Non è la prima volta che si vede accadere qualcosa di simile. Quando la robotica entrò nelle fabbriche, molti gridarono al disastro. Poi la storia ha dimostrato il contrario: i robot non hanno portato via lavoro, ma hanno eliminato fatica, pericoli e rischi, permettendo agli operai di diventare tecnici specializzati. Con l’intelligenza artificiale sta accadendo la stessa cosa. Cambieranno i mestieri, sì, ma ne nasceranno di nuovi. Il lavoro non sparisce: evolve.
Oggi, guardando quei dati e ripensando a quanto scrivevo su La Prealpina a marzo, sento che il cerchio si chiude. La mia intuizione non era teoria, ma osservazione di un processo reale. L’intelligenza artificiale non è qualcosa che arriverà domani: è già qui. E come ogni grande strumento, sarà utile solo a chi saprà usarlo con intelligenza e responsabilità. Perché, proprio come la calcolatrice o il navigatore, l’AI non toglie valore al lavoro umano: lo amplifica. Sta a noi decidere se restare fermi o guidare il cambiamento.
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