Blackout in Spagna e Portogallo. La rete elettrica europea è fragile: serve realismo nella transizione ecologica
- Francesco Carbone
- 6 giorni fa
- Tempo di lettura: 3 min
Riporto qui sotto la pubblicazione del mio intervento su La Prealpina del 1^ Maggio 2025

Tre giorni fa, un blackout ha lasciato al buio milioni di cittadini in Spagna, Portogallo e parte della Francia. Un evento grave, che ci ricorda quanto siano fragili le nostre infrastrutture quando si ignorano le regole dell’ingegneria in favore di slogan ecologisti o semplificazioni ideologiche.
La transizione energetica è una sfida necessaria, ma non si improvvisa. Perché non basta installare pannelli solari o turbine eoliche per avere un sistema affidabile. Dietro ogni impianto rinnovabile ci sono regole tecniche, equilibri delicatissimi e un’infrastruttura che deve essere preparata a reggere l’intermittenza, cioè l’impossibilità di prevedere con esattezza quanta energia verrà prodotta in un dato momento.
In questo contesto, quanto accaduto nella penisola iberica è emblematico. La Spagna ha accelerato molto negli ultimi anni sull’installazione di impianti fotovoltaici ed eolici, ma ha trascurato un aspetto fondamentale: il coordinamento con la rete elettrica. Quando la produzione cresce in modo troppo rapido rispetto alla capacità della rete di assorbirla e distribuirla in sicurezza, il rischio di sbilanciamento è elevato. E se la frequenza elettrica si discosta troppo dai suoi valori standard che in Europa devono rimanere sempre attorno ai 50 Hz ; il sistema salta.
È proprio quello che è successo. Quando gli impianti non riescono più a rimanere in equilibrio con la domanda e con le altre fonti in produzione, entrano in gioco i sistemi di protezione, che per sicurezza spengono tutto. Il risultato? Blackout generalizzati.
In Italia, al contrario, siamo spesso accusati di essere troppo lenti, troppo burocratici, troppo attenti a ogni dettaglio tecnico. Ma forse, proprio questa nostra lentezza — seppur esasperante per chi lavora nel settore — ci ha aiutati finora a evitare crisi simili.
Da tecnico che si occupa di impianti elettrici e di energie rinnovabili da oltre vent’anni, posso dirlo chiaramente: quando si collega un impianto alla rete, bisogna rispettare regole stringenti, studiare con attenzione le caratteristiche della zona, calcolare gli effetti sull’equilibrio locale dell’energia. Non si può semplicemente attaccare "una spina" e sperare che tutto vada bene.
Questo non vuol dire che il nostro sistema sia perfetto. Anzi: servirebbe una sburocratizzazione intelligente, che distingua tra chi lavora con serietà e chi no. Ma ciò che non dobbiamo mai perdere è il principio della responsabilità tecnica. Perché l’energia non è solo una questione economica o ambientale: è una questione di stabilità nazionale.
In una rete elettrica moderna, serve intelligenza. Non solo in senso figurato, ma anche concreto: reti digitali, controlli automatici, sistemi di accumulo che assorbano gli eccessi di produzione e li rilascino quando serve. Solo così si può garantire la continuità del servizio, anche con un’alta quota di energia prodotta da fonti rinnovabili.
Detto questo, voglio mettere un freno all’isteria collettiva che spesso si innesca di fronte ai limiti tecnici o agli incidenti. Lo abbiamo già visto con il nucleare: l’Italia ha scelto di abbandonarlo sull’onda emotiva dell’incidente di Chernobyl, senza distinguere tra tecnologie vecchie e moderne, tra rischio reale e percezione mediatica. Lo stesso è accaduto per il Vajont, dove l’errore umano e la mancata prudenza istituzionale hanno gettato fango sull’intera ingegneria italiana. Ora rischiamo di commettere lo stesso errore con le rinnovabili: un blackout non è una condanna, ma un monito. Non dobbiamo fermare la transizione, ma dobbiamo governarla con competenza, serietà e visione.
Il blackout spagnolo non è un incidente isolato. È un segnale d’allarme. Ci dice che stiamo correndo troppo e senza una direzione chiara. E ci ricorda che in materia di energia, la fretta se non è guidata da competenza tecnica può costare molto cara.
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